A servizio del disegno salvifico divino: l’obbedienza di San Giuseppe

Papa Francesco scrive, in Patris Corde, che «la grandezza di San Giuseppe consiste nel fatto
che egli fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù. In quanto tale, “si pose al servizio dell’intero
disegno salvifico”, come afferma San Giovanni Crisostomo».
Tutta la grandezza di San Giuseppe sta nell’aver vissuto per Gesù e per Maria per adempiere al
progetto divino che Dio gli aveva rivelato. In tal modo, come afferma San Paolo VI, la sua paternità
si è espressa concretamente
nell’aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al mistero dell’incarnazione e alla
missione redentrice che vi è congiunta; nell’aver usato dell’autorità legale, che a lui
spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro;
nell’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nella sovrumana
oblazione di sé, del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore posto a servizio del Messia
germinato nella sua casa.
Nella sua vocazione di padre e di sposo troviamo la cifra dell’obbedienza di San Giuseppe, il
quale, pur passando attraverso un giusto discernimento, o il turbamento umano di fronte ad alcune
situazioni incomprensibili o difficili, non è mai venuto meno al suo impegno verso il compito
affidatogli da Dio. Molto bella è, a riguardo, l’iconografia di San Giuseppe dormiente, cara anche a
papa Francesco. Essa indica, innanzitutto, la modalità della rivelazione divina che parla nel sogno a
Giuseppe, tipica della rivelazione biblica. Ma indica, principalmente, l’abbandono fiducioso di San
Giuseppe che si lascia andare, serenamente, alla volontà di Dio, credendo senza avere alcuna
certezza del come e del quando quelle parole si sarebbero realizzate, ma confidando esclusivamente
nella persona di Dio che gli si era rivelata. Giuseppe che dorme rappresenta l’immagine dell’uomo
che si lascia condurre dal Signore, che non vuole dirigere la sua vita, ma si rende docile ai comandi
che riceve dal Signore. Non considera il messaggio divino come un incubo, ma riposa serenamente
nella volontà divina, credendo nella sua provvidenza.
L’obbedienza fece superare a San Giuseppe il suo dramma e salvò Maria, come dice ancora
papa Francesco, perché rispose ai suoi dubbi con un criterio superiore al freddo ragionamento che
gli manifestava una situazione di evidente infedeltà. La fede gli fece vedere le cose da un’altra
prospettiva e, in quest’ottica, comprese anche chi fosse la sua futura sposa alla luce della Parola di
Dio. Così, quando dovette fuggire in Egitto, di nuovo avvisato da una rivelazione celeste, Giuseppe
si fece guidare dall’obbedienza all’angelo e attese in quella terra d’esilio, con fiducia e pazienza, il
promesso avviso per ritornare nella sua patria.
San José Maria Escrivà afferma:
Narrandoci queste scene, Matteo mette costantemente in risalto la fedeltà di Giuseppe,
che ubbidiva ai comandi di Dio senza tentennamenti, anche se a volte il senso di quei
comandi gli doveva sembrare oscuro, oppure non riusciva a coglierne il nesso con il resto
dei piani divini.
L’obbedienza di Giuseppe non è, però, cieca o irrazionale. Lui discerne, con sapienza, ogni
cosa, non rinuncia a pensare, né a far uso della sua responsabilità. Ecco perché papa Francesco parla
di coraggio creativo. San Giuseppe agisce con intelligenza e ponderatezza, ad esempio, quando non
fa ritorno in Giudea, ma in Galilea, avendo saputo che nella prima regnava una persona poco
raccomandabile e pericolosa.

Il vero spirito di obbedienza si vede nel grado di impegno e di amore che una persona mette nel
compiere il compito ricevuto. San Giuseppe mette al servizio del progetto divino tutta la sua
esperienza umana e spirituale, per cui ogni azione diventa un atto di amore a Dio, a Maria, a Gesù,
per contribuire al disegno preordinato dal Padre per l’umanità.
Giuseppe aveva nel cuore tutto il cammino del popolo eletto e le promesse che Dio aveva fatto
ad esso. Come «uomo giusto» conosceva bene le Scritture. Per questo sentiva fortemente la
responsabilità di partecipare alla loro realizzazione con la sua vita. Il suo obiettivo era compiere la
grande missione che Dio, servendosi proprio di lui — un falegname della Galilea — cominciava a
realizzare nel mondo: la redenzione degli uomini.
Nella Patris Corde viene sottolineata la grandezza d’animo di San Giuseppe nell’accogliere in
spirito di obbedienza il mistero che Dio gli rivela:
Giuseppe accoglie Maria senza mettere condizioni preventive. Si fida delle parole
dell’Angelo. «La nobiltà del suo cuore gli fa subordinare alla carità quanto ha imparato
per legge; e oggi, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla
donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur
non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di
Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere
illuminando il suo giudizio».
Tante volte, nella nostra vita, accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il
significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia
da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire
ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con
la propria storia. Se non ci riconciliamo con la nostra storia, non riusciremo nemmeno a
fare un passo successivo, perché rimarremo sempre in ostaggio delle nostre aspettative e
delle conseguenti delusioni.
La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che
accoglie. Solo a partire da questa accoglienza, da questa riconciliazione, si può anche
intuire una storia più grande, un significato più profondo. Sembrano riecheggiare le
ardenti parole di Giobbe, che all’invito della moglie a ribellarsi per tutto il male che gli
accade risponde: «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il
male?» (Gb 2,10).